L’io rappresentatore-creatore veduto nella sua saldezza, e nella fissità centrica che è propria di quel cavicchio ch’egli è, circonfuso d’un tempo stolido e inerte, a versar luce nella tenebra come riflettore nelle paure della notte, è idolo tarmato, per me. Codesto bambolotto della credulità tolemaica, in ogni modo non ha nulla di comune con la mia identità di ferito, di smarrito, di povero, di «dissociato noètico». D’intorno a me, d’intorno a noi, il mareggiare degli eventi mortiferi, il dolore, il lento strazio degli anni. Il concetto di volere si abolisce, nel lento impossibile. L’oceano della stupidità.
Carlo Emilio Gadda, I viaggi la morte