Daniele Ciprì, Franco Maresco, Cinico TV

I protagonisti di «Cinico tv» erano freaks, scarti, rottami di forma antropomorfa capaci di nobilitare i disperati delle più affollate e malsane metropoli del Terzo e Quarto mondo. Una schiera indimenticabile di obesi in mutande, balbuzienti, schizofrenici, alienati mentali, tutti affetti da disturbi che andavano dal meteorismo alla satiriasi depressiva, tutti rigorosamente maschi – quasi a lasciar intendere l’impossibilità in un simile contesto di una grazia femminile, o anche solo di una compagnia domestica, di una consolazione sessuale – e tutti stretti in una solitudine invincibile che però, ancora una volta, non aveva a che fare con i rovelli dei vari Roquentin e Dino di sartriana o moraviana memoria. Non era cioè una solitudine (o peggio ancora un’alienazione) borghese, non era crepuscolare o malinconica e non generava nevrosi da affidare all’impotenza di un analista, ma era stremata e folle e insondabilmente allegra al tempo stesso. In una parola: comica. Niente a che fare quindi con l’umorismo, ma comicità allo stato puro – e dunque ferocia e grazia allucinata –, come quella che possiedono i personaggi di Kafka e alimenta i balletti infernali di Céline.

Nicola Lagioia, In memoria di Ciprì e Maresco